26.2.11

Sessantotto da Diario di scuola (2)


L'undici ottobre che è proprio il giorno del mio compleanno nel Diario dalla copertina blu non c'è scritto proprio niente. Dal 10 ottobre si passa direttamente al 16 ottobre. Cosa avrò fatto in quei cinque giorni? Sappiamo che l'11 ottobre 1968 è il giorno in cui Walter Schirra, Walter Cunningham e Donn Eisele aspettano di essere sparati nello spazio. Missione Apollo 7. Alle 11:02:45, ora locale, partono e dieci minuti dopo entrano nell'orbita terrestre. Verso la luna come molto tempo prima fece Münchausen. A Panama, che non è solo un cappello, i militari colpiscono lo Stato. Il 12 ottobre un pugno nero si leva al cielo nella capitale dell'impero Atzeco e già la polizia sparava sugli studenti. Come di riflesso, dall'altra parte del pianeta, si sentiva Angeli neri a Canzonissima. Il 13 ottobre è domenica. E' del 14 ottobre 1968 la normativa Ministeriale che definisce il "corredo" degli elaborati progettuali di una strada. Il 15 ottobre a Roma il preside del liceo Plinio Seniore, proprio vicino a Porta Pia, proibisce l'ingresso in aula ai "capelloni" e nello stesso giorno debutta alla Surry University una band di giovanissimi che, dopo aver trovato un percussionista adatto, decide di cambiare nome e di diventare un dirigibile in volo... di piombo!
Succedevano un sacco di cose in quei cinque giorni di assenza dal quaderno a quadretti.
Intanto, io, giocavo d'insiemistica e il 16 ottobre disegno il primo insieme di "petali tanti" e un secondo di "pochi alberi". Il 18 ottobre si disegna la casa dell'alfabeto. Grande come tutta la pagina. La facciata è delle consonanti e sul tetto le cinque vocali.
Veramente manca l'H... ma si sa, tanto lei è muta!

(continua)

23.2.11

Sessantotto da Diario di scuola (1)

"bamboladipezza68" Maria Pia Ferrante e Barbara Della Polla
W.copyleft

Era il millenovecentosessantotto quando mi insegnarono a costruire la mia prima bambola. Eccola, è lei, la mitica, insuperabile e inseparabile bambola di pezza, corredata di molti abitini che non ho mai terminato perchè era veramente difficile usare ago e filo. Punto catenella e santa pazienza! Il primo giorno di scuola, 2 ottobre 1968, sul quaderno a quadretti la maestra ci fece scrivere la data, il nostro nome ed il cognome. Il mio era lungo lunghissimo, doppio nome e doppio cognome. Così avevo già riempito metà della pagina. Nell'altra metà disegnai lei, la mitica sessantotto. Poi non me la fecero più portare a scuola. Dicevano che disturbava o meglio che io mi distraevo e disturbavo. Così la misi in un cassetto e non mi ricordai più di lei. Il quaderno. quello con la sovracopertina blu, però continuò a riempirsi. Prima di asta e filetto e sfido chiunque a dirmi di cosa si tratta. Poi di piccoli disegni da colorare e la fila lunghissima delle lettere dell'alfabeto.

A
pelle figlio d'Apollo
fece una palla di pelle di pollo
tutti i pesci vennero a galla
per vedere la palla di pelle di pollo
fatta da Apelle figlio di Apollo.

Ambarabà cicì cocò
tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore s'ammalò
ambarabà cicì cocò

Bum, cade la bomba in mezzo al mare
mamma mia mi sento male
mi sento male in agonia,
prendo la barca e fuggo via.
Fuggo via in mezzo al mare
dove sono i marinai
che lavoran notte e dì;
la mia gatta mi morì
mi morì di giovedì:
a, bi, ci, dì.

Cinquecento cavalieri
con la testa insanguinata
con la spada sguainata
indovina che cos'è.
E sono, sono le ciliege!
Sono, sono le ciliege.
Sono, sono le ciliege
che maturan in giardin.

C'era una volta un re
seduto sul sofà
che disse alla servetta
raccontami una storia
e la servetta incominciò.
C'era una volta un re...

Dopo il giorno vien la sera,
dopo l'inverno vien la primavera;
dalle viti viene il vino,
viene il fumo dal camino;
va la mucca con il bue,
van le ochette a due a due;
e la vita in fondo in fondo
è un allegro girotondo.

Rinoceronte
che
passa sotto il ponte
che salta, che balla,
che gioca alla palla,
che sta sull'attenti,
che fa i complimenti,
che dice buongiorno
guardandosi attorno.
Gira e rigira
la testa mi gira
non ne posso più!
Palla pallina, cadimi giù!


T
rentatrè trentini
entrarono in Trento
tutti e trentatrè
trotterellando

Trotolin che trottolava
senza gambe camminava
senza sedia si sedeva
trottolin come faceva?

Uccelin che vien dal mare
quande penne può portare?
può portarne solo tre
uno due tre
tocca proprio a te


(continua)

15.2.11

Le ragioni dell'arte

foto Massimo Gardone
Diceva: ogni materia merita di essere guardata come se fosse oro. Diceva di non avere tecniche da insegnare, perché l'opera si fa da sé: si comincia maneggiando la materia. Questa può dare al primo impatto la certezza che nasca qualcos adi bello, ma basta un niente perché questa certezza scompaia: Il rimedio che proponeva era riposarsi. Quando mi affatica - diceva - l'opera non viene. Ha una nascita misteriosa.
Se ti va la va: deve nascere in quel momento, dopo non riesci più.
E' talmente delicato il processo, l'opera può essere paragonata ad un fiore: basta un niente perché perda qualche petalo. Una volta avviato il processo di nascita, può succedere che l'autore si fermi prima, ma non perché l'opera ne muore, anzi, spesso rimane in una fase misteriosa e cresce col tempo.

foto installazione La Foresta dei racconti abi(ta)ti

Le bambole raccontano al TBQ marzo 2011


C'era una volta... e c'è ancora... tutte le fiabe iniziano così... c'era una volta e c'è ancora...
Un principe, una principessa, una bambina, un bambino, il re e i suoi fratelli, un orco e dei sassolini lasciati a segnare il sentiero per ritrovare la strada di casa...
Ecco, è proprio quando torniamo a casa che ci piacerebbe continuare il racconto e la fiaba.
Ci piacerebbe restino con noi, le fiabe e i loro protagonisti, anche quando il narratore finisce di raccontare...
Ci piacerebbe ascoltarle ancora le fiabe...

Un laboratorio di narrazione di storie, di ascolto, e di costruzione di bambole di pezza.
E poi ci sono le bambole, da realizzare e vestire a piacimento.
Perché ogni bambino abbia la sua, come compagna di viaggio, verso nuove storie narrate e ascoltate.

narratrice Fiona Sansone
realizzazione modelli Rossella Truccolo
da un idea di Sabina de Tommasi e Barbara Della Polla

Laboratorio per i bambini dai 4 ai 10 anni
Le date
martedì 1 marzo ore 16
sabato 5 marzo ore 10.30
domenica 6 marzo ore 10.30
si sceglie un giorno a piacimento
ingresso libero
prenotazione obbligatoria al n. 064560705
Teatro Biblioteca Quarticciolo - via Ostuni, 8 - Roma

14.2.11

Merima non est salus nisi in fuga



Passaggio per perenni migrazioni
Non est salus nisi in fuga. Non c’è salvezza se non nella fuga, scriveva Ivo Andric negli anni ’30 e le stesse parole valgono ora a definire il sentimento con il quale è stato scritto e allestito questo spettacolo.
Ritratto di una donna in fuga. Merima Hamulic Trbojevic è una giornalista bosniaca che ha lasciato la sua città nel 1992. Nell’istante in cui ha preso posto sull’aereo militare con il quale doveva lasciare Sarajevo che era impietosamente bombardata,Merima ha perso tutto... la sua identità.
Così scrive lei stessa, in terza persona, nel libro Sarajevo oltre lo specchio,un centinaio di pagine nelle quali questa identità verrà poi a poco a poco ricostruita.
E’ una guerra raccontata dall’interno di un dolore, lontana anni luce dalla retorica dei media e della politica. Le ultime immagini del racconto sono lasciate alla visione di un video lieve “Gli angeli di Sarajevo” montato dal gruppo SAGA che durante la guerra ha continuato ad operare nella città assediata.

guarda il video con alcune scene dello spettacolo alla Stazione Campo Marzio di Trieste

12.2.11

La bambina rossa va in vacanza

(da Valigie - un mare in movimento di Barbara Della Polla)

Tutte le vacanze o le feste comandate la famiglia scendeva in città. Si partiva la mattina all'alba tutti sulla 124 targata TS 93399... mai abbiamo cambiato residenza… insomma la macchina carica più non posso... valigie che sbucavano da tutte le parti... qualche regalo per i parenti più stretti... il frigo portatile con tutto il necessario per il pranzo al sacco... sedie a sdraio e ombrellone d'estate, maglioni e cappotti d'inverno... comunque tutti stipati a più strati: io, mia sorella, mio fratello, l'ultima nata nel portaenfantes, mamma e papà e lo scoiattolo Tippete... Tippete. quello che la nonna prese a scopettate scambiandolo per un topo e io lo ritrovai praticamente morto sotto il letto. TS 93399 e via... verso la città! 5354 il prefisso non lo ricordo, ma sul telefono nero appeso al muro c'erano queste quattro cifre 5354 e noi, io e mia sorella con questa cantilena per tutto il viaggio: 5354... 5354... o la targa... 9...3..3..9..9... 9..3..3..9..9 ...5..3..5..4...5..3..5..4...

A Trieste andavamo a trovare i parenti: i fratelli della mamma, la nonna Baretta, la zia Mietta e sua figlia Nella. Ci riuniamo tutti a Natale. Una grande tavola lunga lunga... siamo in tanti. Si mangia la caponata, i cavatelli, la focaccia con le patate e i lambagioni quelli che porta la zia Memena da Bari dentro la valigia. Una volta la zia Memena ha rotto il vaso, dentro la valigia. Puzzava di aceto e tutti i vestiti si sono impregnati d'olio e lei a tavola é arrivata con quelli della nonna, di vestiti che le stavano tre volte grandi.
La nonna Baretta... che ripete sempre aschifiu finiu... e io non so cosa vuol dire. Mi portava a dormire nel suo grande letto, tanto il nonno non c'è più. Le lenzuola sanno di sapone... lei russa e io non riesco a dormire. Faccio finta per un pò e russo anch'io, seguendo il suo respiro... ma lei continua. Del resto non ho sonno... così torno a giocare. In un cassetto trovo un sacco di cose. Un nastro, rosso bianco e verde... come la bandiera... ma i colori sono molto più sbiaditi, come i ricordi... Sul nastro ci sono dei fiocchi di metallo. Uno per ogni figlio...nove... ce ne sono nove... uno per ogni figlio... nove figli ha avuto la nonna Baretta. Il più grande, Tonino, è morto di polmonite a soli 18 anni. Un'altro figlio, zio Italo, ha sempre vissuto a Palermo con la zia e poi un giorno che era già grande l’hanno riportato a Trieste e allora lui ha attraversato l’Italia a piedi, per tornare nell’isola del Sud. Vestito da donna.
Ma questa storia la dovete chiedere a lui. Perché solo zio Italo riesce a raccontarla. E magari vi racconterà della Legione Straniera, dell’amore e del greco.

Ma questa è veramente un’altra storia o un altro viaggio.

I nonni non ce la facevano a mantenere tanti figli e l'avevano lasciato lì, dalla sorella del nonno, la zia Pina quella che era sempre vestita di nero. Nonno Filippo, Fefè, era di Palermo, faceva il telegrafista e si era trasferito dal sud al nord, senza neppure accorgersene. Un'altro figlio adesso sta a Roma... un altro a Conegliano... una figlia a Milano... due a Trieste... poi ci siamo noi al seguito della mamma maestra.
Tanti, siamo sempre stati in tanti, come tutte le famiglie del sud.
I figli sono la ricchezza diceva la nonna, lei che al mondo ne aveva messi 9.
Ora siamo in 35, trentacinque nipoti ha la nonna, e poco importa se i soldi non bastano.

11.2.11

VESTI D'ARTISTA


Un laboratorio itinerante di scritture cucite.

Vesti d'Artista è un progetto nato nel 2006
ed ha ancora molto da raccontare.

Se la storia del mondo si potesse scrivere attraverso gli abiti e le abili mani delle donne che li hanno cuciti, allora potremmo tracciare un taccuino d'appunti per riscrivere la geografia del mondo.



Immaginiamo l'arte del vestire, tra taglio e cucito e parole d'altre lingue che si intrecciano come un mezzo per imparare codici precisi e ripetuti che si riconoscono in tutte le culture: movenze lente, pazienti creano e conservano la memoria come nei racconti, tramandati e scritti da mille voci che si fondono in coro. Un gesto antico e che ferma e annoda i pensieri: una lettera accanto ad un punto, un colore accanto ad un suono, intrecci, per dar corpo alla forma.

un libro cucito interpretazioni fotografiche

10.2.11

MYEIN - stanza 1/2/3/4/5/6

Myein

progetto Barbara Della Polla, Ennio Guerrato, Antonella Varesano

scrittura poetica Barbara Della Polla
costumi Rossella Truccolo, Gabriella Holzinger

prima traccia

Stanza 1

io parlo al mondo

e credo che ogni creatura di rabbia di sabbia

passione o sconforto

si infervori al solo pensiero

io parlo al mondo

senza comprendere significato

lascio al ritmo respiro

al tuono creato

il segno del fiato

io parlo al mondo

seguendo tracce di fili

lasciati lanciati

su tenera terra

io parlo al mondo

socchiudendo gli occhi

incrostati di fango

cullando pensieri

barcollanti nel buio

io parlo al mondo

sentendo le forze mancare

rattrappirsi la pelle

io parlo al mondo

nella tana raggomitolata

tepore calore sudore odore

io parlo al mondo

di nascite e morti

attraversando silenzi

io parlo al mondo

siamo solo confusi

niente nient’altro niente

una pausa un vuoto

un sospiro

respiro

silenzio

io parlo al mondo

Stanza 2

Mi sono tenuta ad una certa distanza

molto devo ancora imparare

io

ho cercato nei silenzi

errare

parlare e scrivere

Non sono Lei, sono una donna

comune

mortale.

Non parlo per Lei di Lei, ne potrei.

Non ho rinunciato io

non riesco ancora a rinunciare.

Ma so che qualcosa si è rotto

e io sono fatta di fragile vetro

e qualcosa si è scheggiato

qualcosa nella trama del tessuto

ha lasciato intravedere debolezze

il filo spezzato

allora brancolo nel buio

della mia radicale instabilità

tra la forza creativa e la debolezza

come sull’orlo di un precipizio.

Stanza 3

Cosa avrò visto

ne conservo memoria

e insieme vedo

ascolto conosco

Ciò che non vedo

non conosco

e le parole che vedo e ascolto

non sono parole che risuonano

ma fiamma corrusca

nube in movimento in aria pura

il mio sguardo non può percepire forma

ne tiene il contorno.

Non posso fissare lo sguardo nella luce vivida

che acceca gli occhi

tutto è dentro

nel corpo e

nell’anima.

Inseparabili.

Silenziosa.

Sono penna allora

offerta

priva di peso portata dal vento.

Stanza 4

se il vento ora è cessato

se la mano ricopre

e vola priva di peso

se dovessimo cercarci

mi sveglio

se verso l’alto

apro leggermente

se devo rigirarmi sentendo

dolore

se ascolto il respiro

rischio di cullarmi

cerco silenziosamente

il fragore del tempo

mordere incessantemente

la spalla

la testa

se il vento ora è cessato

quiete

invade la stanza

di ombre lucenti

Stanza 5

Mi abbandono delicatamente

alla notte

stremate ricadono le membra

sul letto incrostato

non voglio chiudere gli occhi

voglio essere vigile e sveglia

ma la luce mi invade

sento che sto perdendo peso

abbiamo perso peso

volo

voliamo

Mi abbandono con furore

alla notte

vigili restano le membra

sul letto immacolato

voglio chiudere gli occhi

dormire

ma la luce mi invade

e divento pesante

come terra bagnata

Stanza 6

Cosa sono i fiori

esili steli

o potenti creature

cosa sono i fiori

si piegano al vento

cambiano colore

resistono al fuoco

cercano acqua e nutrimento

con tenere radici

nella cruda terra

cosa sono i fiori

rugiada carnosa

verdeggiante impalpabile seta

cosa sono i fiori

sono piuma allora abbandonata al vento

poetiche/mani

Teatri del Sacro